Vivere in un territorio vulcanico, fronteggiare giorno dopo giorno il pericolo che un’eruzione possa, nel volgere di poche ore, distruggere il lavoro di una vita intera e con esso la vita stessa, è una sfida che l’uomo continua ad accettare sin dagli albori della civiltà. Al giorno d’oggi, infatti, più di 300 milioni di persone sono esposte al rischio di eruzioni vulcaniche potenzialmente devastanti, vivendo intorno agli oltre 1.300 vulcani attivi (olocenici) in tutto il mondo [Tilling, 1989]. Una simile scelta, almeno in origine, è con ogni probabilità dovuta alla fertilità dei suoli vulcanici, soprattutto se si trovano in ambienti dal clima favorevole alle coltivazioni, e alla disponibilità di una grande varietà di giacimenti minerali e di rocce vulcaniche, da sempre utilizzate come materiali da costruzione. Anche la morfologia dei campi vulcanici e delle loro periferie appare spesso attraente e favorevole all’insediamento: pendii costieri dolci, ma articolati, offrono aree protette idonee ad approdi; ripiani e conche in ambiente continentale forniscono sedi per impianti urbanistici che possono sfruttare confini naturali per le fortificazioni. I vulcani e gli ambienti che li circondano costituiscono dei sistemi altamente dinamici, soggetti a continui e rapidi cambiamenti dovuti ai processi morfoevolutivi ad alta energia che contribuiscono, in tempi molto brevi, alla loro crescita e al loro smantellamento. Tanto le eruzioni vulcaniche quanto i fenomeni ad esse connessi, infatti, determinano spesso profonde trasformazioni morfologiche e climatiche che condizionano l’evoluzione degli ecosistemi che si sviluppano intorno ai vulcani. L’impatto delle eruzioni vulcaniche sull’uomo e i suoi insediamenti è testimoniato dalle tracce ritrovate all’interno e al di sotto di livelli di tephra in varie parti del mondo e in intervalli temporali ben definibili, a partire dalle impronte dei primi ominidi conservate in livelli cineritici nell’East African Rift e fino agli esempi noti in tutto il mondo di villaggi e città sepolti dalle eruzioni di Thera (isola di Santorini, XVII – XVI secolo a.C.) e del Vesuvio (79 d.C.). L’area circostante il Golfo di Napoli, con la Piana Campana e i primi contrafforti appenninici, in particolare, sono un’area particolarmente adatta allo studio degli effetti delle eruzioni vulcaniche sulla vita dell’uomo e i suoi insediamenti, sul clima e sull’ambiente, in quanto l’attività vulcanica ad alta frequenza che ha caratterizzato i tre vulcani attivi in quest’area (Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia) in un periodo di tempo che va dal Neolitico ai giorni nostri, ha determinato la messa in posto su vaste aeree di livelli di tephra che, per il carattere pressoché istantaneo della loro formazione, definiscono delle superfici isocrone chiaramente riconoscibili e restituiscono un’immagine potremmo dire “fotografica” di quanto da essi ricoperto al tempo della loro deposizione. Lo studio attraverso un approccio multidisciplinare delle successioni stratigrafiche in cui sono intercalati i depositi delle eruzioni vulcaniche e dei fenomeni ad esse connessi e le tracce di insediamenti umani, consente di ricostruire tanto le relazioni tra gli eventi naturali catastrofici e il contesto storico di una determinata area, quanto le condizioni ambientali al contorno prima e dopo ciascuno di questi eventi, e permette inoltre di comprendere le strategie di reinsediamento adottate da società umane a diverso grado di civilizzazione a seguito di eventi naturali di forte impatto sul territorio. Il modo in cui le diverse popolazioni hanno reagito a tali eventi catastrofici e ai cambiamenti ambientali che ne sono derivati, introduce un altro elemento di conoscenza fondamentale che può derivare dallo studio multidisciplinare del territorio su base stratigrafica: la resilienza del sistema ecologico, sociale ed economico della Campania, nel caso specifico, per gli ultimi 10.000 anni. Il concetto di resilienza è stato introdotto dagli studiosi di ecologia circa quarant’anni fa [Holling, 1973] per esprimere la capacità di un sistema naturale di adattarsi e sopravvivere a cambiamenti, generalmente di vasto impatto e di breve durata, che possono causare deficit ecologici. Il concetto è stato di recente esteso a una serie di contesti interdisciplinari inerenti le interazioni tra l’uomo e l’ambiente e include i concetti di vulnerabilità e di rischio. Vulnerabilità, sostenibilità e resilienza sono concetti in certo qual modo complementari e intimamente connessi con processi di carattere sociale nelle aree esposte a disastri naturali. Ciascuno di tali concetti esprime il grado di impatto di un evento avverso su un sistema e la capacità di recupero di quest’ultimo. Per quanto riguarda le comunità umane, queste possono essere definite resilienti se hanno la capacità di resistere ad eventi estremi e riprendersi rapidamente dopo un disastro. La lunga storia di interazione tra uomo e ambiente, contenuta nel record archeologico, rivela le diverse strategie adottate dalle diverse comunità in risposta ad eventi avversi e quanto queste strategie possano essere state o meno efficaci, tanto nel breve quanto nel lungo termine. Comprendere come le antiche società abbiano reagito nei confronti dei disastri naturali, tornando ad occupare le aree devastate quando le condizioni ambientali sono tornate favorevoli, e comprendere come sia cambiato nel tempo il modo di reagire in funzione delle mutate condizioni di organizzazione e complessità sociale, aiuta a definire la capacità di resilienza attuale e pianificare nuove strategie, efficaci sul lungo periodo, tese ad aumentare la resilienza di una comunità [Timmerman, 1981; Dovers and Handmer, 1992; Kohler, 1992; Redman, 2005; Carpenter et al., 2001; Bruneau et al., 2003; Rose, 2007]. Lo scopo quindi della scuola estiva AIQUA 2013 è quello di evidenziare come l’approccio multidisciplinare combinato possa consentire di ricostruire l’impatto sull’uomo e sul territorio di eventi estremi quali le eruzioni vulcaniche e alcuni fenomeni ad esse connessi, e comprendere come le tante popolazioni, diverse per cultura e organizzazione sociale che si sono avvicendate sul territorio, hanno saputo reagire a tali fenomeni. Sono previste lezioni seminariali in aula ed escursioni sui siti di maggiore interesse geomorfologico, vulcanologico ed archeologico della Campania. Le lezioni abbracceranno tematiche relative a: 1) dinamica e impatto sul territorio delle eruzioni vulcaniche e dei fenomeni connessi, 2) storia ed evoluzione del paesaggio in ambiente vulcanico e perivulcanico, 4) genesi ed evoluzione dei suoli in relazione alle eruzioni ed ai cambiamenti climatici, 5) macro e micro resti vegetali per le ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche, 6) geocronologia e geochimica nelle ricostruzioni cronostratigrafiche e paleoclimatiche, 7) evoluzione culturale nel tempo e possibili relazioni con la morfodinamica ambientale. Ciascuna tematica comprenderà lezioni di esperti nazionali ed escursioni tese a descrivere le diverse metodologie di indagine e illustrare come il loro utilizzo combinato possa concorrere a condurre studi multidisciplinari ed effettuare accurate ricostruzioni paleoambientali, in ambienti archeologici interessati da eventi geologici estremi. Le escursioni si svolgeranno nell’area napolatano-flegrea e vesuviana e nelle aree appenniniche ad est dei vulcani campani. Nonostante i risultati raggiunti da molte ricerche specialistiche di settore, sono ancora pochi ad oggi, gli studi multidisciplinari nei quali le diverse discipline abbiano operato in stretto e continuo coordinamento. Lo spirito della scuola è anche quello di stimolare il confronto e la cooperazione tra le diverse discipline coinvolte ed iniziare a formare figure professionali che rispondano alle nuove sfide che le scienze umane e naturali dovranno raccogliere per garantire reali progressi nella conoscenza dei fenomeni passati, per un uso consapevole e sostenibile del territorio.

Pubblicato: 09-02-2024